Premessa (descrizione del territorio e dell’agro-biodiversità presente)
L’agricoltura nella provincia di Napoli ha nel passato costituito il volano di sviluppo dell’economia del territorio che ha rappresentato il baricentro geografico della cosiddetta “Campania felix”. L’antichissima tradizione e la secolare esperienza dei produttori agricoli napoletani ha fruttato un patrimonio di eccellenze qualitative rinomate in tutto il mondo, che hanno costituito un efficace veicolo dell’immagine del territorio.
L’agro acerrano-nolano -mariglianese ha una solida tradizione e una peculiare vocazione orticole, agevolate dalle eccezionali qualità del suolo, tali da garantire rendimenti produttivi alti e costanti, ed elevata qualità merceologica ed organolettica delle produzioni ortofrutticole. Il patrimonio di agro-biodiversità di questo territorio è testimoniato dalla presenza di 38 varietà tradizionali locali erbacee in via d’estinzione.
Le aziende aderenti al Presidio Slow food “Papaccella napoletana” da anni rappresentano nell’areale tipico un punto importante di riferimento per la coltivazione di buona parte di queste varietà tradizionali locali consapevoli da un lato che la perdita di agro-biodiversità contribuisce: all’insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali; dall’altro assicura un’opportunità reale di diversificazione commerciale dell’offerta di prodotti agricoli locali.
Storia
Gli orti in cui si coltivava un tempo la papaccella (le parule) si trovavano in particolare nelle vicinanze di Brusciano, dove molti abitanti hanno come cognome “Papaccio”. Le coltivazioni erano localizzate nei pressi di masserie destinate alla produzione dell’aceto necessario per la conservazione: l’aceto si ricavava solitamente dal cosiddetto vino “piccirillo”, un vino rosso ottenuto da viti coltivate ad alberata (cioè appoggiate ad alberi vivi disposti in filari), aspro e poco alcolico, da consumare subito dopo la vendemmia. Il “ciutunaro”, così in dialetto si chiamava la persona che produceva le conserve, si occupava di immergere in aceto i peperoni e gli altri prodotti dell’orto all’interno dei cosiddetti “rancelloni”, sorta di botti in legno che potevano contenere fino a 150 chili di papaccelle intere, mai a filetti.
Zona di produzione
La zona di produzione della “Papaccella napoletana” comprende, l’intero territorio dei seguenti comuni della provincia di Napoli: Brusciano, Mariglianella, Marigliano, Acerra, Nola, Castello di Cisterna, Pomigliano d’Arco, Sant’Anastasia, Casalnuovo.
Tecniche di coltivazione
Il trapianto delle piantine di peperone va dalla seconda metà di marzo alla prima decade di luglio. Le piantine vanno trapiantate in file parallele tra di loro in modo che le distanze sulla fila tra le piante siano regolari. La densità d’impianto varia tra 2,0- 3,0 piante per metro quadro. Tutte le operazioni colturali sono manuali compresa la raccolta che va dalla seconda metà di giugno fino a novembre.
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