
Scheda ministeriale prodotto:
Miele del crinale dell’appennino Emiliano-Romagnolo
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Descrizione sintetica del prodotto:
Caratteristiche organolettiche
l miele si presenta liquido subito dopo la smelatura e cristallizza più o meno rapidamente a seconda dell’origine botanica. Il miele uniflora di castagno conserva a lungo lo stato fisico liquido. In ogni caso, durante la commercializzazio, il prodotto deve presentare uno stoto fisico uniforme. Il colore varia da toni chiari a toni scuri, a seconda della presenza di castagno e/o di melata. Odore e aroma vegetali-fruttati, di media intensità, via via più pungenti a seconda della presenza di castagno. Sapore dolce, con una eventuale nota amara più o meno forte in relazione alla componente di castagno.
Caratteristiche chimico-fisiche e microscopiche
Si indicano, comunque, i limiti qualitativi di base:
acqua non superiore a 18%, idrossimetilfurfurale non superiore a 10 mg/kg prima dell’invasettamento e non superiore a 25 mg/kg al termine del periodo di commercializzazione. Nel sedimento si riscontrano i pollini appartenenti alla flora tipica della zona di produzione. In particolare, e a seconda dell’altitudine, sono presenti i seguenti tipi pollinici: Leguminose (Trifolium sp., Hedysarum, Onobrychis, Lotus, Melilotus) Rosaceae (Rubus, fruttiferi), Crucifere, Castanea, Clematis.
Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
Produzione
Gli alveari destinati alla produzione saranno condotti secondo le seguenti indicazioni.
Sono destinati alla produzione solo alveari costituiti da colonie popolose e in buono stato sanitario e arnie razionali in buone condizioni.
La difesa sanitaria degli alveari deve essere condotta secondo le norme stabilite dal servizio sanitario nazionale, in particolare rispettando i tempi di carenza previsti.
L’eventuale nutrizione artificiale deve essere sospesa prima della posa dei melari. E’ vietato l’impiego allo stesso fine di qualunque sostanza in grado di residuare nel miele alterandone le caratteristiche di tipicità (miele e polline provenienti da zone diverse da quella di produzione, sostanze amidacee ecc.).
I favi dei melari debbono essere vuoti e puliti, regolarmente sostituiti e non debbono avere mai contenuto covata.
Durante le visite necessarie, il fumo sarà utilizzato con parsimonia, per evitare che il miele nei risulti contaminato.
Devono essere attuate le norme di conduzione necessarie ad ottenere miele con idoneo contenuto di umidità; nel caso ciò non fosse possibile si dovrà ricorrere a un corretto sistema di riduzione di acqua, come più avanti indicato.
Al momento del prelievo dei melari le api ne saranno allontanate con un metodo che preservi la qualità del prodotto(per esempio con apiscampo o soffiatore); è vietato l’uso di sostanze repellenti.
Estrazione e lavorazione
Può beneficiare della denominazione indicata il miele prodotto secondo le seguenti indicazioni.
I locali destinati alla smelatura, lavorazione e conservazione del miele debbono essere idonei ai sensi della normativa in vigore e l’umidità relativa dell’aria deve essere bassa.
Il miele contenuto nei melari in attesa di smelatura deve già essere considerato un prodotto alimentare a tutti gli effetti. Occorre pertanto prendere tutte le precauzioni necessarie a evitare la contaminazione (con polvere, sporcizia, contatto con gli insetti o altri animali, sostanze estranee) e l’assorbimento di umidità dall’aria.
Nel caso il miele si presentasse eccessivamente umido è consentito un trattamento con corrente di aria calda e secca o con idoneo deumidificatore a condizione che la temperatura di trattamento non superi 35°C.
La smelatura deve essere eseguita con apparecchiature idonee dal punto di vista igienico (ai sensi della vigente legislazione). L’estrazione è condotta con smelatori centrifughi. Il miele deve essere purificato con filtrazione con filtro a sacco di porosità compresa tra 100 e 500 micron e successivamente posto in recipienti per la decantazione. Al termine della decantazione il prodotto deve essere schiumato e posto in idonei recipienti ermetici per la vendita all’ingrosso o al dettaglio conservati a temperatura fresca.
Ove si rendesse necessario riscaldare il miele a fini tecnologici (trasferimento, invasettamento, cristallizzazione guidata) il trattamento termico deve essere limitato al tempo effettivamente indisponibile e la temperatura del prodotto non deve mai superare 40°C.
Descrizione dei locali di lavorazione conservazione e stagionatura: I locali sono autorizzati ai sensi della norma igienico-sanitaria e non necessitano di deroghe
Storia accertata: L’apicoltura è un’attività molto diffusa nelle più antiche tradizioni rurali del territorio regionale. Ne fanno fede numerose testimonianze bibliografiche. In seguito, tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, si sono definite le basi di una apicoltura moderna come ancora oggi viene praticata. L’aspetto più importante e caratterizzante è stata l’introduzione e la diffusione sul territorio regionale degli alveari razionali, in anticipo rispetto alle altre regioni italiane. L’apicoltura emiliano-romagnola si configura quindi, precocemente, come attività agricola evoluta: nel periodo succitato infatti si ritrovano numerosissime indicazioni del fervore di tale attività. Molti apicoltori che operano nella Regione rappresentano veri innovatori di tecniche e materiali apistici, pubblicano manuali diffusi in Italia e all’estero, sono promotori dei primi convegni apistici, creano apiari scuola. In Regione sorgono i primi Cxonsorzi fra Apicoltori. Tuttonquesto è documentato dalle riviste apistiche dell’epoca (L’Alveare, L’Apicoltori, L’Apicoltura italiana, Rivista di Apicoltura) e inoltre in numerosi testi tra i quali:
Prima Inchiesta Apistica Nazionale, S.T.A.G. Trento, 1937;
Carlini, Note di Apicoltura, ed. Ughi, Savignano di Romagna 1929;
Carlini, Apicoltura pratica Italiana, ed. Tarantola, Piacenza 1929;
Carlini, Note di Apicoltura e usi del miele, Santarcangelo di Romagna, 1934
Nello stesso periodo si sviluppano aziende di allevamento intensivo di api regine, ancora oggi leader sul territorio nazionale, sia a causa della richiesta del mercato estero sia della diffusione delle tecniche apistiche in Regione. Non a caso a Bologna, nella Regione Emilia-Romagna, sorge nel 1931 l’Istituto Nazionale di Apicoltura, per rispondere a un’esigenza di supporto di ricerca tecnico- scientifica all’attività in via di espansione. Contemporaneamente si sviluppa la produzione di miele, attraverso la pratica del nomadismo, tecnica a vero carattere imprenditoriale con fisionomia propria, su cui si basano i fondamenti dell’attuale produzione regionale. Le zone a particolare vocazione apistica, per quanto riguarda la produzione di miele, sono rappresentate dalla fascia appenninica, da cui si ottiene tradizionalmente il miele definito del crinale dell’Appennino emiliano-romagnolo ricca di piante nettarifere, tra cui primeggiano lupinella, sulla, castagno, rovo, lampone, pruno selvatico e più in alto mirtillo e erica ( A. Niccoletti – La flora apistica spontanea e coltivata d’Italia, in Prima Inchiesta Nazionale, S.T.A.G. Trento, 1937). Le produzioni di miele derivanti dalle fioriture sopracitate sono le stesse ancora oggi. Su questi prodotti locali, nel corso degli anni, si sono creati e diffusi usi tradizionali del miele sia come consumo da tavola che in cucina, che tuttora permangono. (C. Carlini – Note di Apicoltura e usi del miele – Santarcangelo di Romagna, 1934).
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