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L’AGRICOLA SOI di Nuragus è una piccola azienda vitivinicola, quasi un presidio territoriale, che nasce, circa vent’anni orsono, da un progetto cullato nel corso degli anni dal suo conduttore, Stefano Soi: tentare di far evolvere il concetto di agricoltura in agricultura.
Il nonno paterno di Stefano, Efisio, un uomo con grandi baffi ottocenteschi e portamento austero, fu uno dei primi enologi di scuola sarda e per tutta la sua lunga vita fu l’agronomo della vicina Colonia Penale del Sarcidano e, nell’ultimo periodo della sua carriera, di quella di Castiadas: luoghi dove i detenuti in semi-libertà, occupandosi di agricoltura riscattavano il passato turbolento e saldavano il loro debito con la società.
Stefano, un mezzosangue con padre di Nuragus e mamma di Tuscania, nella maremma laziale, trascorre l’adolescenza nello splendido Podere toscano dello zio Gino, fratello della mamma, dove ha modo di vivere la viticoltura in tutte le sue fasi sia nella vigna che nella cantina ricavata nel cuore di una collina del podere Monte Santo. Questo amore per le vigne e per la sua terra non è mai venuto meno neppure negli anni di allontanamento dalla Sardegna – Innsbruck, Venezia, Padova – e ha portato Stefano, con i consigli fraterni e gli sproni di Angelo Angioi e Gilberto Arru, a realizzare il progetto di una sua azienda vitivinicola. Il mestiere di architetto, che tuttora esercita, ha reso possibile questo sogno e i materiali impiegati nella costruzione della cantina sono gli stessi che ritroviamo nel suo lavoro di riqualificazione dei centri storici della Sardegna: la pietra, il legno, l’acciaio e gli isolanti sostenibili come la lana di pecora e il sughero.
Per riassumere la filosofia aziendale dell’Agricola SOi sono sufficienti due parole: appartenenza e rispetto.
Appartenenza a quel microcosmo di cui Nuragus è il centro: un piccolo paese, dedito all’agricoltura e alla pastorizia, nel cuore del Sarcidano, caratterizzato da quelle colture – olivo, vite, pascolo e foraggio – che ne conformano il paesaggio agrario. Colline allagate dal sole e percorse dal maestrale e dallo scirocco. Terreni ricchi di scheletro o sabbie sciolte che permettono comunque alle viti, allevate in aridocultura, di sviluppare molto lentamente radici profonde. Importante, sino a qualche decennio fa, la produzione di un vino di singolare gradevolezza che viene ricavato dal vitigno nuragus, conosciuto già in epoca Fenicia, denominato in lingua locale Axina de margiani, “uva delle volpi” che dà il nome al paese. Difficile dire quale criterio ha ispirato la scelta dei terreni dove piantare le vigne: forse l’esposizione, la luce, il vento…sicuramente l’energia percepita camminandoci sopra.
Rispetto assoluto per l’antica tradizione vitivinicola del territorio, per il suo sviluppo sostenibile e per l’agricoltura familiare, dimostrato da Stefano Soi, un architetto che ha deciso di fare riritorno ai luoghi natii insieme alla moglie Evi e al cane Lillu per proseguire il suo percorso di vita con una nuova filosofia. Per scelta aziendale non viene dato alcun supporto idrico, nessun concime chimico, niente diserbo chimico: solo frequenti lavorazioni meccaniche e manuali. La scelta varietale è stata quella di ricorrere solo a vitigni autoctoni innestati sul campo manualmente. Tra questi il cannonau, il bovale muristellu, la monica, il cagnulari, il barbera sardo e il nuragus. Le viti vengono potate secondo il metodo Simonit & Sirch, la cosidetta potatura soffice, e le uve vengono vendemmiate manualmente in casse da ca. 20 kg e avviate immediatamente alla fermentazione.
Il privilegio di una scelta


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